I lettori di Capri già sanno quale delizioso viaggiatore sia Savinio, capace di far vivere i luoghi con pochi tocchi distratti e insieme pronto a lanciarsi in divagazioni imprevedibili, a partire da qualsiasi pretesto. Così è anche in questo libro del 1939, che egli stesso assimilò a un giardino, «per la chiarezza, la leggerezza, lamenità che mi sono conquistate nelletà matura». Qui Savinio vaga fra gli Abruzzi e la terra degli Etruschi, tra Cerveteri e Tarquinia. Lironia ci si fa incontro a ogni passo. Ma cè anche una sonorità melanconica, meditativa, in queste pagine, che sono rivolte al «fantasma della storia: il grande buco, il vuoto che assorbe via via le azioni che sfuggono alla storia, e le annienta». Combinazione di timbri, questa fra lironico e il melanconico , che sembra corrispondere al fondo del fondo di Savinio stesso. Dico a te, Clio, apparso per la prima volta nel 1939, fu ripubblicato nel 1946. In questultima edizione era preceduto da unAvvertenza dellautore che viene riprodotta nel presente volume.
«Che più triste dei ricordi?» scrive Savinio in procinto di pubblicare questi Souvenirs. Ma è pessimismo del poi, di chi guarda con amarezza a quanto è scomparso, travolto dalla bufera bellica. A rileggerli oggi, infatti, quel che colpisce in questi reportage parigini è semmai l'insolente ironia, lo humour acuminato con cui Savinio osserva Parigi...
«Fra questi racconti – alcuni dei quali sono ... i più singolari e profondi che siano stati scritti in lingua italiana, e non solamente in questa lingua – alcuni portano in scena poltrone, divani, armadi e altri mobili, in ispecie di personaggi sensibili, parlanti e operanti». Così scrive Savinio, ed è la più efficace presentazione di questo libro, matura...