Lesercizio della poesia ha segretamente accompagnato Tartaglia lungo tutto larco della sua esistenza, dallinfanzia-adolescenza sino alla morte. Ed è questopera immensa composta di circa settemila testi, quasi del tutto ignoti, di cui si propone qui la prima scelta antologica a custodire il volto nascosto dell«uomo della novità», di colui che annunciava la «novità pura e totale oltre questa realtà, irrealtà, soprarealtà», oltre «la cupola troppo facile del divino», e dunque un «puro irriferito» che non si può definire ma solo trovare per via negativa. Negli scritti poetici, infatti, la parola non è bloccata, come nota Marchetti, «al punto morto in cui si è spinto il pensiero», ma aderisce al pensiero nel suo stato nascente. La tensione religiosa che domina anche questi temerari Esercizi di verbo, splendidamente isolati nel panorama della letteratura italiana del Novecento, è insieme dolore insanabile, confronto protervo, spasimo conoscitivo, furia epigrammatica (che colpisce anche alcuni illustri autori dellepoca). E il linguaggio, spesso abrupto, contorto, esacerbato nella mescolanza di comico e tragico, sublime e triviale , attinge talvolta alle più remote radici della nostra tradizione poetica, spingendosi fino al limite estremo dellafasia: «Balbettando, dico. Balbettando, annuncio. Balbettando, proclamo».
Prima di proclamare con la sua arroventata eloquenza nella Firenze del 1945 «lurgenza di una tramutazione pura delluomo, del reale, di Dio» (Giulio Cattaneo) e di proporre un Movimento di Religione teso a una incommensurabile novità, e destinato a dileguarsi come un miraggio, Tartaglia pubblicò alcuni saggi su figure fondamentali...
Nella Firenze del primo dopoguerra apparve come una meteora la figura di un giovane sacerdote che parlava di religione come nessuno prima: con un rigore, un'esigenza di assoluto, una insofferenza per ogni pensiero tiepido che lasciavano sconcertati e affascinati. Era «l'uomo della novità», come lo chiamò in un memorabile libro di ricordi Giulio Cattaneo. Ma la novità...