Quando lidea di «classici americani» sembrava una contraddizione in termini, D.H. Lawrence fu il primo a individuare nella letteratura americana dellOttocento una specifica tradizione nazionale, fatta di tragica e disperata vitalità, di ipocrisia, rettitudine e continua capacità di trasformazione, e costruita in aperta antitesi alla cultura europea. Merito di per sé considerevole, ma che appare quasi trascurabile non appena ci si rende conto che questo libro offre, più che una sequenza di sia pur illuminanti saggi critici, una vera e propria galleria di ritratti psichici di Fenimore Cooper e Edgar Allan Poe, Nathaniel Hawthorne e Herman Melville , animati da una voce inconfondibile, ora beffarda e insinuante, ora imperiosa e tonante. Ritratti che non cessano di provocarci, di sfidarci a un inesauribile incontro e scontro con Lawrence e con gli autori di cui parla.
Una donna ancora giovane e insoddisfatta lascia marito e figli e si avventura da sola sulle montagne messicane per incontrare gli indiani discendenti da Montezuma e dai re aztechi che le abitano e conoscere i loro dèi. Le basta imboccare un piccolo sentiero per inoltrarsi in un altro mondo, in un clima rarefatto e contagioso esperienza, questa, che persegue come in trance...