Già nei primi anni Sessanta (quando apparve, quasi clandestinamente, questo libro) la riflessione di Sergio Quinzio era centrata sul lento e graduale dissolversi della religione allinterno di una modernità che ha reso gli uomini incapaci di credere e di sperare. E proprio contro questa idea al tempo stesso tracotante e fragile della modernità come tappa di uninarrestabile marcia verso un futuro che dovrebbe esserci garantito dalla scienza e dalla tecnica, ed è invece costantemente insidiato dal fallimento e dalla disperazione, Sergio Quinzio ha lottato sempre, da profeta disarmato, usando una scrittura intessuta di schegge illuminanti, lontanissima da ogni modello della cultura di oggi e, ancor più clamorosamente, degli anni in cui il libro fu composto. Per Quinzio, proprio lincapacità di credere rende il credere «urgente e indispensabile». Perché perdere il rapporto con la religione significa non tanto rinunciare al passato quanto rinunciare al futuro: un futuro che non sia un miraggio e in cui lavvento del Regno di Dio inauguri la «vera storia», vale a dire linterruzione e il capovolgimento della «storia del mondo» e la redenzione di tutte le cose. Limpazienza escatologica di Quinzio si dichiara qui con la stessa radicalità che avrebbe mantenuto sino alla fine. Apparso per la prima volta nel 1962, Religione e futuro fu il primo, e lunico, di quei «testi di profezia e futuro» che Ferdinando Tartaglia si proponeva di pubblicare nelle sue edizioni di Realtà Nuova.
Nel 1983, recensendo La rovina di Kasch di Roberto Calasso, Guido Ceronetti così descriveva la «banda neognostica» che formava la galassia Adelphi: «divergono le iniziazioni, i maestri, i cammini, le venerazioni; c'è tuttavia la comunione generica dei fini (salvarsi come scopo del pensiero, salvezza per mezzo della conoscenza), il saper godere di uno dei massimi...
La parola profetica ed escatologica – che fu quella delle prime origini cristiane – è perduta da secoli: la perdita del linguaggio è la perdita dei contenuti, che, attraverso le diverse trascrizioni, si diluiscono, diventano ambigui e infine vengono abbandonati come insignificanti. Eppure il linguaggio della immemorabile religione apocalittica e messianica non è mai...