«Mattina. Andiamo all’ospedale da campo a far visita a Utkin, una scheggia di granata gli ha portato via le dita. Nubi, pioggia. Una minuscola radura tra i tremoli ospita circa novecento feriti. Stracci insanguinati, brandelli di carne, gemiti, grida soffocate, centinaia di occhi tetri e sofferenti. La giovane dottoressa dai capelli rossi ha perso la voce, dopo aver operato tutta la notte. È terrea, sembra sul punto di svenire. Utkin è arrivato a bordo di una Emka. La dottoressa sorride: “Mentre lo operavo, recitava poesie”. La sua voce quasi non si sente, si aiuta con i gesti. Ne portano altri, fradici di pioggia e di sangue».
Vasilij Grossman