Tra il 1824 e il 1825, nella solitudine inquieta della tenuta di Michajlovskoe, dove è stato confinato dallo zar Alessandro I, Pukin concepisce il Boris Godunov, la prima «tragedia romantica» russa: nel far rivivere tumultuose vicende dinastiche della Moscovia dei secoli XVI e XVII, egli indaga la natura del potere, che, alimentandosi di sangue e violenza, si rivela inevitabilmente funesto. Allautunno del 1830 risalgono invece i quattro atti unici o «piccole tragedie» che mettono a fuoco i nuclei psicologici di altrettanti vizi umani: avarizia, invidia, lussuria, empietà. Le cornici storiche spaziano dalla Francia e dallInghilterra medievali alla Spagna del Secolo dOro allAustria mozartiana, ma resta costante il confronto tra la libertà individuale e labbandono alla morale e ai costumi correnti, da cui il male germoglia. Altrettanto mirabili, anche se meno note, sono le Favole che Pukin scrisse nellultimo periodo della sua vita, amalgamando le tradizioni del folklore russo e il ricordo delle fiabe narrategli nellinfanzia dalla balia Arina Rodionova. Una Russia irreale disseminata di cupole doro; orti, giardini e arabescate architetture dai colori di smalto; capanne di tronchi sperdute nel folto di boschi secolari; seriche tende tra le montagne; e poi schiere di animali sapienti e di magici attrezzi: lo specchio parlante, la mela rosso-oro che ammalia, la corda che increspa le onde del mare facendone uscire schiere di diavoli ottusi... Una materia così densa e originale trova una rispondenza totale nellestro sulfureo e guizzante di un traduttore deccezione, Tommaso Landolfi il quale, capace di mediare magistralmente la nitida concisione del dettato pukiniano, e pur ribellandosi talvolta, per troppa congenialità, al suo soggetto, si trovò ad ammettere: «Questo capriccioso e folleggiante Pukin ... finisce collavere un certo piglietto da genio universale cui andrebbero ascritte molte posteriori ricognizioni».
Fra i grandi poeti dell’Ottocento, Puškin fu il solo cui il destino riservò il compito di fondare una letteratura. E, dai giorni della sua breve vita sino a oggi, si può dire che i suoi versi non abbiano mai abbandonato la memoria della Russia. Tradurre Puškin è stato sempre considerato una prova durissima e della più alta importanza, come se dalla conoscenza...
«La camera era piena di morti. La luna illuminava per le finestre i loro visi gialli e violacei, le bocche cavernose, gli occhi foschi e semichiusi, i nasi sporgenti ... le morte in cuffie e gale, i morti maschi, se funzionari, in uniforme ... i mercanti col caffettano della festa»: il fabbricante di bare ha invitato a cena i suoi clienti e Puškin può serrare in una morsa la materia indocile...