Da tempo Kundera accompagna la sua attività di romanziere con una costante riflessione sul romanzo, che è per lui unarteautonoma, da leggere non già nel «piccolo contesto» della storia nazionale, ma nel «grande contesto» della storia sovranazionale di quella che Goethe chiamava Weltliteratur. Sterne reagisce a Rabelais e ispira Diderot, Fielding si richiama a Cervantes e con Fielding si misura Stendhal, la tradizione di Flaubert prosegue nellopera di Joyce ed è nella sua riflessione su Joyce che Broch sviluppa una poetica del romanzo: è questa lidea che Kundera ci offre del romanzo, organismo delicato, prezioso, che vive di ununica storia dove gli scrittori dialogano in segreto e si illuminano a vicenda. Ma non è questo il solo aspetto stupefacente di una riflessione lontana anni luce dallangustia delle storie letterarie, dal narcisistico gergo della «teoria della letteratura» e dalla seriosità inamidata degli agelasti, coloro che non sanno ridere. Quando parla del romanzo Kundera fa pensare a un pittore che ci accolga nel suo atelier gremito di quadri e ci racconti di sé ma soprattutto degli altri, di coloro che ama e che lo hanno ispirato vale a dire dei romanzi che agiscono, come una occulta presenza, allinterno della sua opera. E il suo racconto è nitido, di una impressionante trasparenza, e insieme lieve, affascinante. È così, salvaguardando il proprio linguaggio ed evitando scrupolosamente il gergo accademico, che un romanziere come Kundera, capace di strappare il «sipario della preinterpretazione», parla di ciò che più gli sta a cuore: la ragion dessere del romanzo, «lultimo osservatorio dal quale si possa abbracciare la vita umana nel suo insieme».
Nel giugno del 1967, poco dopo la lettera aperta di Solženicyn sulla censura nell’Urss, si tiene in Cecoslovacchia il IV Congresso dell’Unione degli scrittori. Un congresso diverso da tutti i precedenti – memorabile. Ad aprire i lavori, con un discorso di un’audacia limpida e pacata, è Milan Kundera, allora già autore di successo. Se...
Premesse di Jacques Rupnik e Pierre Nora
Traduzione di Giorgio Pinotti
Gettare una luce sui problemi più seri e al tempo stesso non pronunciare una sola frase seria, subire il fascino della realtà del mondo contemporaneo e al tempo stesso evitare ogni realismo – ecco La festa dell'insignificanza. Chi conosce i libri di Kundera sa che il desiderio di incorporare in un romanzo una goccia di «non serietà» non è cosa...