Un principe brillante e leggiadro studia per sette anni chiuso in un castello sulle cui pareti è iscritto tutto lo scibile umano. Ottiene così una insuperabile sapienza ma finisce per sprofondare nella più tetra malinconia. Solo un bel sogno potrà salvarlo, e tre principesse partono alla volta del Paese dei Sogni per dissipare quella tristezza e conquistare la sua mano: Rami, povera e innamorata, dal fragile cuore che tintinna come cristallo di rocca e minaccia di spezzarsi a ogni emozione, e Ossala e Vanina, avide e viperine. Di Landolfi questo incantevole «romanzo per bambini» ci rivela una faccia quella di scrittore per linfanzia decisamente poco nota, ma che scopriamo ben presto familiare: basta leggere la descrizione, dalle lattescenze dopale, dellImpero della Luna. O quella, di un nero funesto, del Paese dei Sogni, dove lincubo che tormenta un assassino impunito ha laspetto di un uomo dal viso giallo come cera e coperto di sangue, che avanza con le braccia leva- te, ululando, mentre il sangue gli gocciola persino dalla punta delle dita. E basta leggere il sardonico finale della Raganella doro il secondo «libretto per bambini» incluso in questo volume , dove il palafreniere Teraponte, biondo, mite e devoto, si cimenta con un gigante sanguinario, dallenorme corpo peloso e dal grifo dorco, per salvare Uriana, la principessa di cui è innamorato: «Tantè che lo sappiate fin dora: al mondo non sempre i buoni e generosi hanno la ricompensa che si meritano». Insieme al Principe infelice (scritto nel 1938 e pubblicato nel 1943) e alla Raganella doro (del 1947, edito nel 1954) vengono qui riproposti anche tre brevi racconti i Colloqui e tre filastrocche che apparvero fra il 1967 e il 1968 in volumi collettivi curati da Giovanni Arpino.
«Già: come si può guadagnarsi la vita inventando elzeviri?» si chiede Landolfi in Des mois. D’altronde, per lui che dopo Un amore del nostro tempo (1965) aveva abdicato alla «follia» di raccontare storie, non c’era altra scelta: questione di sopravvivenza. Ma il punto è un altro: quelli che Landolfi chiama «innocenti raccontini» nulla hanno a che vedere con gli altrui elzeviri.
Non è amabilmente consolatore, il mondo di Landolfi, né amichevole, né tantomeno compiacente. Estraneo, piuttosto, luminosamente torbido e degradato. E, come in questa raccolta di racconti del 1975 – l'ultima sua –, più che mai urtante, percorso com'è da un eros luttuoso e sogghignante, da orride agnizioni, da avvilenti confessioni, da personaggi oltraggiati...