W.H. Auden
Lo scudo di Perseo
Biblioteca Adelphi, 390
2000, pp. 436
isbn: 9788845915215
Con questo volume si completa la raccolta di saggi riuniti da Auden sotto il titolo La mano del tintore. Qui Auden passa dalla più generale riflessione sulla pratica letteraria, sul leggere e sullo scrivere, all’analisi di generi, testi e fenomeni specifici, con quel suo consueto procedere puntando al centro, ma al tempo stesso introducendo e sviluppando, per associazione o per analogia, tutta una serie di «punti di fuga» (a volte sotto forma di «interludi» a sé stanti) che commentano, dilatano e arricchiscono il discorso critico. Ancora una volta la sua prosa, antiaccademica per eccellenza, rivela non solo una misura straordinaria nel coniugare profondità e leggerezza, ma anche un pensiero che ignora i percorsi obbligati e scopre da solo, passo per passo, ciò che venera o aborre. Così, si parte dalla «città shakespeariana» – dove fra l’altro l’Enrico IV incontra il Falstaff di Verdi – per giungere, in un continuo gioco di rimandi sorprendenti e preziosi, a discutere di scrittori come D.H. Lawrence e Henry James, di poeti che vanno da Byron a Robert Frost, di romanzi quali Il Circolo Pickwick e Don Chisciotte, di Ibsen e Kierkegaard a proposito del Peer Gynt e di Brand. Per finire, è dedicata a Stravinskij una vera e propria suite di studi di argomento musicale, fra i quali uno su Cavalleria e Pagliacci e un altro, scritto con Chester Kallman, che è una strepitosa lezione sull’arte di tradurre i libretti d’opera. Ma non sono, quelli citati, che pochi esempi delle innumerevoli, sbalorditive corrispondenze da cui è attraversato un itinerario fitto di nomi e temi, che si può dire costituisca anche una sorta di folgorante autoritratto intellettuale, quasi un’«altra faccia» del poeta, irrinunciabile per chi voglia comprenderne pienamente l’arte e la personalità – tra le più alte del Novecento.