Al suo primo apparire, nel 1953, Il mare non bagna Napoli sembrò a molti inserirsi in quel filone che allora e dopo venne chiamato «neorealismo». Era tuttaltra cosa. Nato dallincontro della scrittrice con quella città che era e non era la sua uscita in pezzi dalla guerra (un incontro che fu insieme un addio: a Napoli la Ortese non tornerà, in seguito, praticamente mai), il libro è la cronaca di uno spaesamento. La città ferita e lacera diventa infatti uno schermo sul quale lautrice proietta ciò che lei stessa definisce la propria «nevrosi»: una nevrosi metafisica, una impossibilità di accettare il reale e la sua oscura sostanza, la cecità del vivere, un orrore del tempo che ogni cosa corrode e divora e insieme il riconoscimento del «cupo incanto» della città, del mondo. Tutto il libro, con la sua scrittura «febbrile e allucinata» e al tempo stesso rigorosissima, è un grido contro questo orrore, da cui lo sguardo come quello della bambina Eugenia il giorno in cui mette gli occhiali, nel primo, indimenticabile racconto vorrebbe potersi distogliere: e non può. La presente edizione è accompagnata da due testi del tutto nuovi e preziosi, scritti dallautrice ripensando questo suo libro: per il lettore saranno la guida più sicura.
Nel maggio del 1940, Anna Maria Ortese incontra a Bologna Marta Maria Pezzoli, giovane studentessa universitaria che gli amici chiamano Mattia. Nasce fra loro un’intesa, un’intimità che, come precisa la Ortese, è tenerezza di sorelle: «Ti sono così grata di essermi vicina in questo tempo difficile – sola sorella».
A cura di Monica Farnetti
Con una Nota di Stefano Pezzoli
Più volte nei suoi interventi pubblici Anna Maria Ortese ha denunciato i delitti dell'uomo «contro la Terra», la sua «cultura d'arroganza», la sua attitudine di padrone e torturatore «di ogni anima della Vita». E lo ha fatto pur nella consapevolezza che il suo grido d'allarme sarebbe stato accolto con impaziente condiscendenza da chi sembra ignorare che ciò...