Pubblicato nel 1966, e oggi tradotto in tutto il mondo, questo romanzo delloscura, crudele Sicilia è universalmente considerato una delle maggiori imprese narrative di Sciascia. Sobrio, amaro, sottilmente sarcastico, e insieme netto e preciso nei contorni, racconta la storia di un farmacista che «viveva tranquillo, non aveva mai avuto questioni, non faceva politica», e un giorno riceve una lettera anonima che lo minaccia di morte. Da questo punto in avanti tutta la realtà comincia a traballare, e il sospetto, linsinuazione e il sangue dominano la realtà del paese, nellentroterra siciliano. Tutta larte di Sciascia sta nellaggrovigliare e dipanare, volta a volta, questa matassa. Nulla sfugge al groviglio, e alla fine vi rimarrà soffocata proprio la figura dellinvestigatore disinteressato, dellosservatore lucido, il quale, quanto più indagava, tanto più «nellequivoco, nellambiguità, moralmente e sensualmente si sentiva coinvolto».
«Sono finiti i caffè letterari, il colloquio stesso» confida Sciascia a Domenico Porzio. «Eppure colloquiare significava non soltanto chiacchiera, ma esperienza, urbanità». Ed è come se questo libro, che registra incontri avvenuti lungo il 1988 e il 1989 e interrotti dalla morte dello scrittore, i due amici l’avessero disegnato proprio per scongiurare la...
In un’aula giudiziaria, una donna vestita di nero accusa il capomafia che ha fatto ammazzare suo marito e poi – malgrado le avesse garantito che non gli «avrebbero toccato un capello» – anche suo figlio: «Loro sono venuti meno alla legge dell’onore,» dichiara «e perciò anche io mi sento sciolta». Pur di vendicarli ha accettato di infrangere...