I due allegri indiani è il primo romanzo di Wilcock, ed è lecito supporre che la notorietà raggiunta dall’autore in questi ultimi anni, con i suoi libri, ma soprattutto con i pungentissimi articoli, trovi la sua consacrazione ufficiale con questa sua nuova, provocatoria, opera. La si potrebbe definire un ‘romanzo rivista’, nel doppio senso della parola: 1° perché è articolato nei trentun numeri della rivista «Il Maneggio», diretta e redatta dal protagonista del romanzo stesso, che muta continuamente nome; 2° perché ogni numero di questa rivista è come un susseguirsi esilarante di sketch di avanspettacolo, dove, tuttavia, l’autore del copione fosse un letterato abilissimo, un maestro della satira. Una vastissima zona di fatti italiani diventa qui oggetto di una parodia inarrestabile, che coinvolge la storia letteraria e politica, i vezzi linguistici, gli intricati sottoboschi provinciali e, soprattutto, romani. Gli ‘indiani’ del romanzo sono da intendere, infatti, per lo più, come ‘italiani’ – e dietro i loro nomi di pellirosse si riconosce facilmente una realtà che ci è molto vicina.