Risvolto
Rodolfo Wilcock è stato un ospite singolare della nostra letteratura. Dopo aver pubblicato già vari libri in Argentina, dove suoi amici e affini erano Borges, Bioy-Casares e Silvina Ocampo, reinventò se stesso in una nuova lingua, litaliano, della quale sarebbe diventato in breve maestro e virtuoso, come narratore, poeta, traduttore. Ma quello che Wilcock immetteva di inconsueto nella nostra letteratura (la disparata erudizione, poetica e scientifica, il grottesco estremo, una eccentrica e asciutta saggezza, lironia ininterrotta) è stato forse troppo sconcertante perché i suoi libri fossero accolti subito per ciò che sono: quelli di uno dei maggiori scrittori italiani di questi anni. In qualche modo, Wilcock rimaneva sempre «straniero». Ma i suoi lettori appassionati, in Italia e fuori (Parsifal, Lo stereoscopio dei solitari e La sinagoga degli iconoclasti sono usciti recentemente, e a breve distanza, in Francia presso Gallimard), crescono e quello che allItalia un po torpida di ventanni fa sembrava oscura bizzarria si è rivelato essere semplicemente il ceppo di una buona educazione letteraria, su cui è cresciuta una folta vegetazione fantastica. Il libro che qui pubblichiamo, lultimo di Wilcock, è appunto uno dei suoi più felici e sfrenati viaggi nel fantastico, la ricognizione puntuale ed esilarante-raccapricciante di un «piccolo mondo mostruoso», dove non troveremo Sirene e Onocentauri, ma molti personaggi improbabili, che pure ci sembra di incontrare ogni giorno.