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Jules Renard

Lo scroccone

Traduzione di Anna Devoto

Biblioteca Adelphi, 52
1974, 3ª ediz., pp. 223
isbn: 9788845900860

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IN COPERTINA
Litografia di Henri de Toulouse-Lautrec (1897).
SINOSSI

Forse soltanto Bouvard e Pécuchet sta accanto a questo meraviglioso Scroccone per la comicità asciutta e feroce. I buoni lettori lo videro subito, quando il romanzo fu pubblicato, nel 1892, e ci fu anzi chi sussurrò: «Come crudeltà, batte di molto Bouvard e Pécuchet». Qui l’immortale coppia flaubertiana è sostituita dalla esilarante simbiosi fra il giovane Henri, parassita letterato, e Madame Vernet, brava e sognante signora borghese, mitemente bovaristica, sotto gli occhi torpidi di Monsieur Vernet, che non ha tempo per le mollezze poetiche dalle quali è però bovinamente incantato, e lascia che si sviluppi in casa sua un flirt adulterino all’insegna della vigliaccheria, della sensiblerie e della totale falsità. Henri, lo scroccone, paga con fini motti il suo pensionato permanente in casa Vernet, si lancia in esaltate rêveries passionali sulla signora, frenate soltanto – e subito – dal timore di perdere qualche piccolo vantaggio della sua posizione, tenta persino un maldestro stupro sulla nipote («se stupra, si meraviglia di non stuprare come in letteratura», scriverà Schwob), infine, per evitare spiacevoli crisi, abbandona la famiglia Vernet per cercarne un’altra dove ricominciare lo stesso lavoro: infatti, come scrive Alfredo Giuliani nella sua nota a questa edizione, «abietto, lucido e pusillanime, innaturale e fervido di simulazioni, fulmineo nello schivare al tempo giusto l’inetta catastrofe che ha provocato, questo letteratuccio arrampicatore non s’inganna mai», sicché – dopo appena poche pagine che lo vediamo in azione – sappiamo già di trovarci di fronte a un essere indistruttibile, promesso a eterne reincarnazioni, uno dei rari grandi archetipi psicologici che la letteratura moderna sia riuscita a creare. Con questo breve libro Renard ha raggiunto il vertice della sua arte: in una prosa tutta piccoli scatti infallibili, freddi e nevrastenici, frastagliata in rapidi dialoghi che, nella loro travolgente banalità, sondano l’abisso dello humour nero, ha composto un romanzo di una modernità che lascia allibiti, ha affilato una lama che taglia sempre perfettamente.