... E se «la vita bassa», per i prossimi Lévi-Strauss, diventasse un Segno antropologico tribale ed elettorale non solo giovanile, in un Musée de lHomme con foto di addomi e posteriori aborigeni di fronte e profilo?... O non diventerà una Metafora, nella pubblicistica easy satura di cose che sono metafore di altre cose, dai nostri tempi alla condizione umana, al Paese, a tutto?
Nel 1965 Alberto Arbasino pubblicò Grazie per le magnifiche rose, foltissimo volume di scritti sul teatro – non «teorizzazioni ipotetiche», si precisava, bensì «testimonianze su spettacoli innegabilmente avvenuti». Che la maggior parte di quegli autori e attori sia poi scomparsa dalla «memoria anche coltissima» senza lasciare «grandi tracce televisive e cinematografiche»...
Diffidare dei cartelli segnaletici: con Arbasino è la prima regola da osservare, perché ciascuno di questi ritratti ‘si morula' – direbbe Gadda – in infiniti altri ritratti, in altre imprevedibili storie. È quel che succede, alla lettera A, con Harold Acton, che fa risorgere la Firenze soavemente cosmopolita tra le due guerre, un crocevia dove si muovono Bernard...