Si può dire che questo libro la più affascinante e profonda raffigurazione del mondo di Dioniso abbia accompagnato tutta la lunga vita di studioso di Kerényi, compiendosi pochi anni prima della sua morte. Già nel 1935, nei suoi Pensieri su Dioniso, Kerényi scriveva: «Hanno i Greci mai pensato sul loro Dioniso pensieri come quelli di Otto o come quelli qui espressi? Certo per loro era più facile. Poiché essi possedevano nel mito e nellimmagine, nella visione e nella rammemorazione del culto lessenza di Dioniso nella sua piena espressione». Ed è appunto lintenzione che guida il libro: benché «imperfetti» rispetto alla conoscenza mitica, gli strumenti del pensiero debbono essere usati col massimo rigore, perché sono per noi lunica via daccesso a queste realtà che li sovrastano. Questo fu un po sempre lanimus di Kerényi come studioso e si può dire che mai come in Dioniso, che è quasi il coronamento di tutta la sua opera, esso palpabilmente appaia. Molte sono le novità che affioreranno nel quadro da lui delineato e in particolare la rivendicazione, clamorosamente confermata dai ritrovamenti archeologici e dalle decifrazioni più recenti, dellorigine cretese di Dioniso. Ma imponente è innanzitutto linsieme, che accompagna le metamorfosi del dio in ogni dettaglio del culto, della poesia e dellesperienza quotidiana. Dioniso è apparso per la prima volta postumo nel 1976.
Quando il giovane Nietzsche pubblicò La nascita della tragedia, subito la corporazione dei grecisti si risentì – e Wilamowitz lo attaccò con un pamphlet feroce. Aveva buone ragioni, perché quel testo di Nietzsche minacciava tutto l’assetto degli studi classici. Ma una vera risposta a Wilamowitz sarebbe venuta solo nel corso del Novecento, dall’opera di Kerényi.