IN COPERTINA
Andrew Wyeth, Wind from the Sea (1947).
SINOSSI

La storia di questo romanzo è essa stessa romanzesca. Scritto presumibilmente fra il 1928 e il 1930, quando Satta era un giovane avvocato intorno ai venticinque anni, il manoscritto fu presentato a un premio letterario. Uno dei giudici, Marino Moretti, se ne entusiasmò, tanto da pensare di aver scoperto una controparte italiana della Montagna incantata di Thomas Mann. Ma la giuria del premio non accolse la sua proposta, innanzitutto per la scarsa ‘sanità’ del romanzo, che lo rendeva improponibile – scriverà Moretti – «al troppo delicato, al troppo sensibile, al troppo spaurito pubblico italiano». Così La veranda non fu pubblicato. Passarono molti anni, Moretti smarrì la sua copia del manoscritto, Satta divenne un celebre giurista, infine scrisse Il giorno del giudizio, romanzo che sarebbe apparso dopo la sua morte, accolto come un grande libro e tradotto in varie lingue. Poi, all’inizio del 1981, il manoscritto della Veranda riappare in modo del tutto accidentale: era custodito nella cartella dei documenti di una causa.
La «veranda» a cui accenna il titolo è quella di un sanatorio, nell’Italia settentrionale, dove è ospite il protagonista, un giovane avvocato. Intorno a lui non vi sono borghesi colpiti dal male canonico, ancora in quegli anni, per gli esseri sensibili, ma un campionario di relitti, provenienti dalle più varie zone d’Italia. Si ritrovano ogni giorno nella veranda del tubercolosario, uniti da una comunanza nella noia e nella paura. Non si chiamano neppure per nome, ma con quello delle rispettive città, come commilitoni della morte. È un mondo a parte, con i suoi riti, il suo gergo, le sue vittime, i suoi intrighi. Ed è anche il mondo in genere, ridotto alla miseria e ai sogni.
Già dominato dalla tenebrosa visione che, a distanza di vari decenni, si dispiegherà nel Giorno del giudizio, Satta ci avvolge totalmente in quel mondo, con precoce sicurezza di narratore, disegna alcune figure memorabili, come quella di Melanzana, un pover’uomo che non riesce a morire ed è diventato il genio tutelare del luogo, e soprattutto ricrea con desolata asciuttezza una condizione sospesa, di «offensiva confidenza con la morte». Anche la storia d’amore che si intesse fra il protagonista e una malata del reparto femminile è oppressa da un senso di precarietà e terrore. Se pensiamo ai romanzi italiani di quegli anni, questo primo libro di Satta si distacca subito per la sua crudezza nell’avvicinare la realtà dolorante e insieme per il cupo lirismo che sottende l’evocazione.

Volumi dello stesso autore
Salvatore Satta

Il mistero del processo

Il mistero del processo; La vita della legge e la sentenza del giudice; La tutela del diritto nel processo; Il formalismo nel processo; Il diritto, questo sconosciuto. I titoli dei saggi qui raccolti, scritti da Satta fra il 1949 e il 1958, basteranno a far immaginare quanto sia scottante la materia, specialmente oggi che la realtà giudiziaria è...
Piccola Biblioteca Adelphi, 324
1994 / pp. 127 / € 13,00  € 12,35
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Altre edizioni
Salvatore Satta

Il giorno del giudizio

Epico e visionario, il romanzo della Sardegna, isola di «demoniaca tristezza». Un’opera capitale della letteratura italiana contemporanea, tradotto in diciassette lingue. «Uno dei capolavori della solitudine e della letteratura moderna». GEORGE STEINER
gli Adelphi, 13
1990 / pp. 292 / € 13,00  € 12,35
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Salvatore Satta

De profundis

Fra il giugno 1944 e l’aprile 1945, rifugiato in una casa di famiglia nel basso Friuli, Satta scrisse queste pagine, cariche di sarcasmo e profonda amarezza, nel tentativo di risalire a certe ragioni nascoste della paradossale, atroce storia italiana dei vent’anni precedenti. E subito si poneva due domande inevitabili: perché gli italiani...
Piccola Biblioteca Adelphi, 95
1980 / pp. 184 / € 12,00  € 11,40
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