Benedetto Croce si accinse a questo libro spinto dallo stimolo delle «deplorevolissime» biografie romanzate: «Pensai che si potesse fare il preciso opposto di ciò che quelle fanno: attenersi alla più scrupolosa acribia nella documentazione e ricostruzione biografica (quelle, invece, maltrattano i documenti, li alterano con capricciosi frastagli e li mischiano di spiritose invenzioni); riattaccare i casi deglindividui ai problemi delle loro età (quelle biografie staccano glindividui da questi problemi e li contemplano e li godono quasi ciechi complessi di nervi, eccitabili e variamente eccitati); e tuttavia, come dicevo, appagare in certa misura la fantasia mercé la particolarità dei fatti e la vivezza del racconto». Così in queste sei «vite» variamente esemplari che ci trasportano dagli ultimi anni del Duecento alla Napoli rivoluzionaria, dietro lausterità della scrittura e della documentazione sentiamo pulsare quellanimus romanzesco, affascinato dalla singolarità irripetibile, che spinse Croce in un selvaggio angolo della Basilicata per ritrovare, quali «muti testimoni», i «sassi ruinati» fra i quali si svolse la funesta vicenda di Isabella di Morra, a cui è qui dedicato un memorabile ritratto. Pubblicato nel 1935, questo libro, in cui molti riconoscono una delle opere più felici di Benedetto Croce, è rimasto a lungo irreperibile. Mai come in queste Vite appare con eloquenza un aspetto di Croce che è spesso oscurato dalla sua fama di teorico: quello della devozione al particolare, della passione nel disegnare con la massima precisione le linee di alcune esistenze mentre affiorano tra i flutti della storia.
Alla propria «autobiografia mentale» Croce ha dedicato, oltre al Contributo alla critica di me stesso, numerosi luoghi delle sue opere, della corrispondenza e, soprattutto, del diario che per oltre quarant’anni ha tenuto nell’austero intento di «invigilare» sé stesso. Ritagliando da queste fonti i passi più rivelatori, con una...
A cura di Giuseppe Galasso
Prefazione di Piero Craveri
Con questo saggio il giovane Croce, che era stato sino allora un brillante storico locale, scoprì la sua latente vocazione filosofica, indagando le variegate relazioni fra arte, scienza e storia. E qui ritroveremo non solo la «facilità e il calore» con cui lo compose – come cosa che gli «usciva dal cuore» e non già come «più o meno frivola e...