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Pier Candido Decembrio

Vita di Filippo Maria Visconti

A cura di Elio Bartolini

Piccola Biblioteca Adelphi, 156
1983, pp. 218
isbn: 9788845905520

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SINOSSI

Questo libro è una magistrale approssimazione a un archetipo: quello del Potente. Chiuso nel suo castello milanese di Porta Giovia, che assai di rado abbandonava, Filippo Maria Visconti si dedicò per lunghi anni a sviluppare una forma chimicamente pura del potere: da una parte, controllare tutto, ordire una perpetua effrazione dei pensieri di chi lo circondava; dall’altra, non essere controllato in niente. Con artifici sottili e crudeli, trattandoli come «un serraglio di bestie domestiche e selvatiche», costringeva i suoi sudditi a rivelarglisi; con stupefacente arte della dissimulazione nascondeva il suo pensiero. Politica era per lui innanzitutto trarre alla luce i segreti degli altri e seppellire i propri in un’oscurità inaccessibile. «Quanto più sembrava intento a cacciare, proprio allora andava considerando in cuor suo il da farsi a proposito di gravi questioni di Stato». Un solo suo tratto non riuscì a dominare: «una vena che gli si andava gonfiando sul basso della fronte», quando era preso da una collera che da nessun altro segno si lasciava avvertire. L’umanista Pier Candido Decembrio fu a lungo segretario di cancelleria alla corte di Filippo Maria – e scrisse in latino questa Vita nell’anno stesso della morte di lui, 1447. Giudicato «eccellente» da Burckhardt e riscoperto da Elias Canetti, che ad esso si riferisce in Massa e potere come a una delle più penetranti raffigurazioni del Potente, questo testo viene qui presentato nella sua prima traduzione italiana, ampiamente commentata. In poche pagine, che prendono l’avvio come un elenco ordinato di guerre e imprese, ma sprofondano presto in un luogo abissale, Decembrio ci offre un ritratto dal vivo, alla maniera di Svetonio, che racchiude alcune dure verità sulla psicologia del politico, quali poi saranno elaborate da Machiavelli e Guicciardini. Ma qui non c’è teoria, vediamo solo le linee di un profilo, non meno irripetibili di quelle che, dello stesso Filippo Maria, tracciò in una medaglia il Pisanello.