Risvolto
Benjamin Constant fu uno dei più influenti e acuti testimoni dell«èra delle rivoluzioni», nonché teorico lucidissimo del liberalismo. Ma al tempo stesso, come i posteri ebbero modo di scoprire, egli fu un maestro dei sentimenti e dellarte di narrare se stesso: ce lo rivelano in particolare il celeberrimo Adolphe e gli scritti che compongono La mia vita anche noto come Il quaderno rosso. Impertinente, caustico e spregiudicato come sempre, Constant racconta qui con tocco magistrale i primi ventanni della sua vita: e dunque la nascita, leducazione discontinua e vagabonda sotto la guida di un padre vedovo (la madre era morta di parto) tanto onnipresente e ansioso quanto umorale, sino alla «fuga» in Inghilterra fuga dai debiti di gioco, dalle conseguenze incombenti dellennesima follia di gioventù, e forse soprattutto da quel genitore così prepotentemente amoroso.
Precoce coureur de femmes, il narratore non risparmia il sale di unironia dissacratoria neppure alla sua persona e ai suoi amori («il dono più grande elargitomi dal cielo è saper ridere di me stesso»), spargendolo a piene mani su vedove vogliose, madri paraninfe e fanciulle in fiore, in un susseguirsi di scene grottesche, paradossali e spesso ai limiti del nonsense. Dal suo beffardo spirito si salva solo lamica di sempre, Isabelle: «Come intelligenza, avevo occhi, orecchi e cuore solo per Madame de Charrière». E a lei la confidente, la complice, «lunica persona con la quale parlassi liberamente, perché era lunica che non mi tediasse con consigli e recriminazioni circa la mia condotta» sono dirette le bellissime lettere dallInghilterra che completano il volume, nelle quali allo humour consueto si accompagnano lacume e gli ammicchi di un viaggiatore stravagante.
La mia vita è stato pubblicato per la prima volta nel 1907.