La Critica della ragione pura è universalmente riconosciuta come lopera più significativa di Kant e, in certo modo, come pietra angolare della filosofia moderna. Sullinterpretazione di questo libro estremamente arduo e sconcertante si sono fondate e si sono scontrate le più diverse tendenze filosofiche, a partire dal primo idealismo tedesco e da Schopenhauer sino ai neo-kantiani, a Heidegger e agli epistemologi moderni. È chiaro perciò che la traduzione di unopera del genere implica notevolissimi problemi esegetici: in Italia, per lunghi anni, la traduzione canonica è stata quella di Gentile e Lombardo-Radice, che ha corrisposto al periodo di egemonia dellidealismo italiano. Ma è appunto quella prospettiva che per un lettore di oggi non può che essere gravemente sviante. La traduzione di Colli, oltre che segnalare numerosi errori della traduzione gentiliana, propone una lettura spesso radicalmente nuova di tutta la terminologia kantiana, liberandola di tutte le sovrapposizioni idealistiche. In un ampio commento, Colli rende ragione delle sue scelte. La sua traduzione, inoltre, è lunica che risolva tipograficamente il difficile e capitale raffronto sinottico fra la prima e la seconda edizione della Critica. Ristampando oggi ledizione di Colli, che era apparsa per la prima volta nel 1957, rendiamo di nuovo accessibile una traduzione insuperata, che potrà guidarci con autorità nella lettura di uno dei grandi testi speculativi che più hanno bisogno di essere avvicinati con rigore filologico e critico.
«In verità si è soliti dire che un potere superiore può privarci della libertà di parlare o di scrivere, ma non di pensare. Ma quanto, e quanto correttamente penseremmo, se non pensassimo per così dire in comune con altri a cui comunichiamo i nostri pensieri, e che ci comunicano i loro? Quindi si può ben dire che quel potere esterno che strappa agli uomini la libertà...