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Georges Feydeau

Teatro

Traduzione di Sandro Bajini
A cura di Sandro Bajini

Numeri rossi
1970, pp. 672, 651, 8 tavv.
isbn: id-1542

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SINOSSI

«Il teatro era il suo vizio. Vi metteva la cura meticolosa dei maniaci», scrisse Cocteau di Feydeau. Indolente e taciturno, osservatore per natura, dominato insieme da un’ossessione di concretezza e di geometria, Georges Feydeau (1862-1921) visse interamente nella sua opera, una vasta serie di vaudevilles, che si presentarono in origine dissimulati nella pullulante produzione del teatro leggero parigino di fine secolo, e col tempo, invece, hanno sempre più sicuramente acquistato il rilievo dei testi classici, fino a essere riconosciuti come massimi esemplari del teatro comico francese dopo Molière. E tuttora, di fatto, i pubblici più facili e i più difficili si incontrano nell’appassionarsi alla intatta vitalità di queste costruzioni teatrali, sospese fra la realtà più banale e la più delirante, composte ogni volta con gruppi di elementi stereotipi, spesso anche frusti, che vengono però combinati e messi in gioco con immensa maestria, a un ritmo che ricorda la inquietante puntualità di un teatro meccanico: ma dove la velocità è vorticosa e le sorprese sono continue.
Feydeau ha lo sguardo freddo e la temerarietà dei grandi autori comici: una volta isolato il suo materiale da una larga fascia sociale, che comprende una certa borghesia e il demi-monde della Belle Époque, egli spinge l’analisi delle situazioni fino a un estremo maniacale, dove la satira sembra andare al di là da se stessa e fissarsi in una astratta perfezione dei movimenti, come se – al limite – ogni gesto fosse scritto su un impossibile pentagramma. E già questo può far capire perché Feydeau sia stato spesso, giustamente, annoverato fra i padri del teatro moderno.
L’edizione che qui si presenta intende seguire l’opera di Feydeau in tutto il suo lento svolgersi e maturare lungo l’arco di trent’anni, partendo dagli inizi, ancora legati alla maniera dominante dell’epoca, fino ai grandi vaudeville centrali dove è più evidente la satira di costume – come La Dame de chez Maxim e Occupe-toi d’Amélie – per terminare infine con gli atti unici di Du mariage au divorce, una serie di «farse» sulla vita coniugale di una tale impietosa irrisione da indurre a considerare Feydeau come una sorta di Strindberg del teatro comico.