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Alexander Dorner

Il superamento dell’«arte»

Traduzione di Enrico Fubini, Luciano Fabbri

Saggi, 2
1964, pp. XVI-201, 65 ill.
isbn: 9788845901058

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SINOSSI

Quando Alexander Dorner fu nominato direttore del Landes Museum di Hannover, nel 1923, il più giovane fra i direttori dei musei d’arte della Germania (era nato a Königsberg nel 1893), riteneva che la sua educazione estetica, d’ispirazione soprattutto riegliana, gli avrebbe permesso di riorganizzare il museo e, in particolare, di rinnovare il gusto dei suoi concittadini esponendo alcuni esempi di arte contemporanea.
Le discussioni con Panofsky, Gropius (che in quegli anni si dedicava alla grande e rivoluzionaria impresa della Bauhaus), Kurt Schwitters, El Lissitzky, e il clima di rinnovamento intellettuale e politico della Repubblica di Weimar, ma soprattutto il suo coraggio infaticabile, lo condussero ben oltre i suoi stessi traguardi: a farsi una nuova concezione del museo in cui l’arte, liberata dalle idee romantiche ancora operanti, apparisse come partecipe della vita dell’uomo, parte integrante o modo di manifestazione per eccellenza della sua visione del mondo. Per realizzare la sua idea, Dorner, dopo aver proceduto a un accurato inventario delle opere di proprietà del Landes Museum, le ordinò cronologicamente, creando per ciascuna grande epoca un’ambientazione particolare – così che il visitatore avesse l’impressione di vivere all’interno di quella visione della realtà che era propria delle civiltà greca, romana, rinascimentale, ecc. – sino al famoso «gabinetto astratto», costruito da El Lissitzky, in cui la mobilità dei pannelli e il variare della luce favorivano l’illusione delle nuove dimensioni spaziotemporali di cui l’arte astratta, secondo Dorner, sarebbe a un tempo ricerca ed espressione. Dorner non era un teorico, lo divenne per necessità, per insoddisfazione, e per riflessione continua sul suo operato di «direttore» di un museo d’arte. Il museo di Hannover fu la sua grande opera, teorica e pratica insieme: un’opera rivoluzionaria, il primo e forse unico tentativo di un’innovazione radicale nel rapporto fra il pubblico e l’opera d’arte dove, in luogo della contemplazione passiva, si provocava un interesse attivo nello spettatore, divenuto partecipe degli svolgimenti storici dell’arte e dei suoi significati conoscitivi. Furono gli anni eroici e felici di Dorner. Dimissionario nel 1935 per le persecuzioni hitleriane, costretto a fuggire dalla Germania, Dorner si rifugiò in America, dove modi di pensiero sconosciuti alla cultura germanica, il pragmatismo di Peirce, e di Dewey in particolare, rinnovarono in lui l’esigenza di dare una base teorica alle sue ricerche e ai suoi esperimenti museografici, fornendogli nuovi suggerimenti per la costruzione di una filosofia dell’arte che potesse allearsi o partecipare al grande sviluppo delle scienze naturali proprio del nostro secolo. Nasce da queste riflessioni il suo saggio Il superamento dell’«arte»; non libro di estetica, non pura speculazione teorica: piuttosto la storia, ridotta all’essenza, dei mutamenti della visione della realtà durante l’evoluzione umana, l’analisi del passaggio dal mondo «adimensionale» primitivo al mondo statico tridimensionale della civiltà occidentale, e da questo a una realtà futura vissuta come divenire e non più come essere, di cui già i primi accenni si possono riconoscere nelle formulazioni della fisica moderna, nelle ricerche dell’arte astratta e del «design». Gli esempi felicemente scelti, la vivacità degli spunti e delle tesi, l’intelligenza delle indagini particolari, fanno di questo libro uno dei tentativi più fecondi per intendere l’arte e in particolare l’arte d’oggi.
Il superamento dell’«arte» è apparso per la prima volta nel 1958.

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