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Kay Ka’us ibn Iskandar

Il libro dei consigli

(Qabus-Nama)

A cura di Riccardo Zipoli

Biblioteca Adelphi, 105
1981, 3ª ediz., pp. 406, 2 tavv. f.t.
isbn: 9788845904554

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IN COPERTINA
Coppa di ceramica con decorazione a lustro metallico, Iraq, periodo abbaside (sec. X).
SINOSSI

Sovrano di un piccolo regno remoto nella Persia islamica intorno all’anno 1000, Kay Ka’us, giunto alla vecchiaia, decide di mettere per iscritto ciò che ha appreso della vita per donare un «Libro dei consigli» a suo figlio Gilanshah. «Ben so che la moda del nostro tempo induce i figli a non accettare i consigli dei genitori» osserva all’inizio con amabile ironia, ma troppo egli ha visto e vuole raccontare. Profanamente devoto, Kay Ka’us si inchina all’inaccessibile Unico, che sovrasta il tutto, e subito ci avvia verso il mondo cangiante e visibile, dove ogni cosa porta «il segno della duplicità». Quel mondo egli ha lungamente saggiato, ne ha aggirato le insidie e gustato i sapori. Ora lo vuole svolgere dinanzi ai nostri occhi come un vasto tappeto, dove riconosciamo – via via che si srotola – le passioni e le cerimonie, gli astri e i commerci, le guerre e gli amici, le dispute e i piaceri, gli inganni e i molteplici giochi: l’amore, il polo, gli scacchi. Le parole di Kay Ka’us formano un intreccio di sentenze, aneddoti esemplari, brevi racconti, frammenti di disquisizioni – e da esso emerge a poco a poco, nitida nei suoi minimi dettagli, nel suo tono e nel suo colore, l’immagine fascinosa di tutta una civiltà, quasi una delicata allucinazione. Sullo sfondo percepiamo il brusio dei mercati o il vibrante silenzio dei giardini regali.
Kay Ka’us, questo avo asiatico di Baldassarre Castiglione (ma anche di Montaigne) non è uno di quei mistici o filosofi, attratti dalle audacie estreme, di cui la cultura iranica è stata così feconda. Egli è piuttosto un maestro di sapienza mondana, che vuole introdurci a un’arte del vivere dalla perfetta misura. Nemico degli eccessi, è però pronto a capirli e non vuole neppure eccedere nel condannarli, come sa dirci con incantevole malizia: «Se bevi vino, prendi il più squisito; se ascolti musica, fa’ che sia la più soave; se commetti un atto proibito, scegliti uno splendido compagno acciocché, dato per scontato che ti sgridino nell’altro mondo, tu non venga almeno criticato in questo». Kay Ka’us è tollerante perché è lungimirante. Conosce il mondo, per lungo studio e amorosa attenzione. Ama la forma, il gesto sobrio, le astuzie disarmanti, che ci rendono subito complici. Questo suo «specchio per principi», che è stato sempre ammirato come uno dei massimi capolavori di una letteratura ricchissima come quella persiana, ci aiuta ancora oggi ad avvicinarci a un’essenza misteriosa, indispensabile e sempre sfuggente: l’educazione.
Questa è la prima traduzione italiana del Qabusnama.