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Margarete Buber-Neumann

Milena

l’amica di Kafka

Traduzione di Caterina Zaccaroni

La collana dei casi, 17
1986, pp. 304
isbn: 9788845902208

Temporaneamente non disponibile
IN COPERTINA
Milena Jesenská a tredici anni sulla riva della Moldava (1909).
SINOSSI

Il primo segno della vita di Milena che raggiunse Margarete Buber-Neumann fu un biglietto passatole di nascosto sulla strada che attraversava il campo di concentramento di Ravensbrück. Una ignota compagna di prigionia le chiedeva se era vero che i sovietici avevano consegnato a Hitler dei militanti antifascisti emigrati in Urss. Sì, era vero, la Buber-Neumann era una di loro, aveva già passato tre anni nei campi russi, ora avrebbe potuto condurre il confronto stilistico cruciale del secolo. Presto l’ignota compagna si fece avanti, con queste parole: «Milena di Praga». Cominciò così un’amicizia che fu tanto più intensa perché nata in quel luogo. Milena era una giornalista e all’inizio interrogò con passione la Buber-Neumann. Le disse che un giorno avrebbe voluto scrivere un libro con lei: L’èra dei campi di concentramento. Ma quel libro non fu scritto mai, perché Milena morì a Ravensbrück. Mentre, a distanza di più di trent’anni, la Buber-Neumann pubblicò questo libro su di lei, la testimonianza essenziale sulla donna che tutti conoscono come destinataria di tante lettere di Kafka, forse le più belle lettere d’amore di questo secolo. I ricordi di Milena affioravano a poco a poco, mescolati alla vita del campo, al suo perpetuo orrore, alle note di Schubert trasmesse dall’altoparlante, alle canzoni d’amore cantate dalle prigioniere zingare. Quelle parole rimasero nella mente della Buber-Neumann, che un giorno le avrebbe intessute agli scritti di Milena stessa e ai ricordi di quelli che l’avevano conosciuta. Tutti, a cominciare da Kafka, parlano di Milena come di un «fuoco vivo». E lei stessa si definiva «un fascio di sentimenti». Qualcosa di drammatico, appassionato, turbolento impregnò sempre la sua vita, fin da quando, ancora ragazzina, il padre la fece rinchiudere in una casa di cura per malati mentali, pur di sottrarla all’amore con Ernst Polak, intellettuale inaffidabile e soprattutto ebreo. Poi vennero la fuga a Vienna, la bohème letteraria, i caffè, le lezioni di ceco a Broch, l’attività giornalistica e quella di traduttrice. Da quest’ultima nacque l’occasione dell’incontro con Kafka. Il loro fu il più aggrovigliato fra gli amori impossibili. Quando Kafka morì, Milena pubblicò un suo illuminante ritratto: le parole più belle che abbia scritto su Kafka qualcuno che lo aveva conosciuto. Sposata, divorziata, comunista, espulsa dal partito, Milena vide avvicinarsi Hitler con perfetta lucidità e, quando la Cecoslovacchia fu invasa, si prodigò per salvare chiunque potesse dalla persecuzione. La Gestapo la arrestò nel 1939. Da quando Milena conobbe la Buber-Neumann, la vita nel campo non fu che un graduale accrescersi dell’orrore. Poco prima di morire, Milena disse all’amica: «Per merito tuo posso continuare a vivere. Tu dirai agli uomini chi ero, sarai il mio giudice clemente...». Molti anni dopo, la Buber-Neumann ha mantenuto la promessa scrivendo questo libro, che non si dimentica.
Milena, l’amica di Kafka è apparso per la prima volta nel 1977.